Ispirazione, emozione, incontro, storia e partecipazione. È difficile descrivere il Festival Internazionale del Giornalismo in poche parole, ma quelle sopra utilizzate mi sembrano le migliori per provare a fornire un affresco dell’evento di Perugia.
Quella appena trascorsa è stata per noi la quarta edizione del Festival. Ogni anno ci portiamo dietro sensazioni, ricordi e conoscenze diverse, ma lo spirito che ci accompagna nelle settimane successive è il medesimo. Cambiano gli ospiti ed i temi affrontati ma il Festival del Giornalismo possiede sempre la rara capacità di attivare nei suoi partecipanti il desiderio di realizzare qualcosa di grande per i propri territori, mettendo da parte pessimismo e negatività e valorizzando invece le energie positive presenti (ma a volte nascoste) dentro di noi.
E così anche questa volta il giorno dopo è quello della nostalgia e dei buoni propositi (eh sì, il post Festival rappresenta per noi una sorta di Capodanno). Effettuare un resoconto dell’evento sarebbe abbastanza noioso e fin troppo didascalico; l’intento di questo post è allora quello di raccontare la nostra esperienza perugina attraverso pensieri, aneddoti e ovviamente anche insegnamenti che guideranno necessariamente le nostre azioni da professionisti della comunicazione.
Il Festival dell’anti fascismo e delle storie dimenticate
Avrete sicuramente letto in questi giorni la notizia riguardante gli attacchi che alcuni gruppi neofascisti hanno lanciato nei confronti di Padre Alex Zanotelli, Vladimir Luxuria e Paolo Berizzi proprio per le loro parole al Festival. Gli episodi di intolleranza verso giornalisti ed i vili atti razzisti contro comuni cittadini sono in forte crescita. Tutti, allora, abbiamo il dovere morale di difendere i valori tramandati dai padri costituenti e riaffermarli con ancora più forza e convinzione in un’epoca che vede traballare questi principi.
L’edizione 2019 del Festival del Giornalismo ha rappresentato, da questo punto di vista, una voce forte e autorevole. Il panel di Alex Zanotelli è forse il simbolo di una manifestazione che mai come quest’anno ha scelto di puntare sui valori del pluralismo democratico, dell’accoglienza, della libertà di espressione e della lotta agli estremismi.
“Sono sicuro che i nostri nipoti diranno di noi le stesse cose che noi oggi diciamo dei nazisti, ma con un’aggravante: forse in Germania tanta gente non sapeva dello sterminio degli Ebrei, oggi invece noi sappiamo e non possiamo nasconderci”
– Padre Alex Zanotelli.
Queste dure parole di Zanotelli, riferite alle stragi del Mediterraneo e alla situazione delle carceri libiche, hanno acceso il dibattito pubblico e spinto alla riflessione tutti noi: non possiamo rimanere indifferenti di fronte al cinismo di chi è pronto a negare i diritti degli ultimi e delle popolazioni “dimenticate” per affermare qualsiasi forma di potere politico o economico.
Il compito dell’informazione giornalistica deve essere allora quello di raccontare i fatti e le storie, non solo quelle che ci riguardano da vicino, per dare la possibilità alla società di interpretare al meglio la realtà. Senza un resoconto puntuale sulla situazione politica dell’Africa, ad esempio, è impossibile comprendere al meglio fenomeni come le migrazioni e il cambiamento climatico.
Il Festival del Giornalismo ha provato a far emergere alcune di queste storie, come quella di Maria Ressa, giornalista che ha svelato il sistema di corruzione delle Filippine di Duterte o quella della famosa foto di Massimo Sestini che nell’estate del 2014 immortalò dall’alto il viaggio di un’imbarcazione di migranti nel canale di Sicilia. Questo scatto è diventato poi oggetto di un documentario di National Geographic (in onda il prossimo 20 giugno) dal titolo Where Are You? , dove verranno raccontati il passato e soprattutto il presente di alcuni di quei migranti presenti su quella nave ormai 5 anni fa.
“Non volevo immortalare il dramma, ma la speranza dei migranti. Non c’è stato bisogno di editing ed artificio: in questo caso è bastata una semplice istantanea per raccontare l’imbarcazione per quello che era. Questa foto legittima quanto sia importante la spontaneità”. – Massimo Sestini
Tra i panel più emozionanti mi preme citare anche quello di Domenico Iannacone, conduttore della trasmissione I Dieci Comandamenti e famoso per avere realizzato diverse inchieste sulla Terra dei Fuochi e sul degrado delle periferie. Con uno stile affascinante e coinvolgente (da vero storyteller mi verrebbe da dire) Iannacone è riuscito a smuovere le corde emotive del pubblico del Festival facendoci capire quanto sia importante il ruolo del giornalista d’inchiesta. In alcuni casi, infatti, un reportage incisivo può addirittura migliorare la vita delle persone coinvolte svelando al grande pubblico la loro storia di vita ed i loro disagi.
È sempre bello poi ascoltare Zero Calcare che attraverso il suo impegno politico militante ed i suoi fumetti è entrato nell’anima dei suoi lettori. E lo ha fatto, anche in questo caso, raccontando le periferie d’Italia e del Mondo, disegnando quei personaggi dimenticati che hanno tanto da dire e da insegnare.
L’atmosfera del Festival
La bellezza del Festival va chiaramente oltre i panel e gli ospiti prestigiosi. Basta entrare all’Hotel Brufani, ovvero quello che potremmo definire come il “quartier generale” dell’evento, per comprendere cosa sia davvero il Festival del Giornalismo.
Migliaia di persone, giornalisti e non, provenienti letteralmente da tutto il mondo, si recano ogni anno in una cittadina del Centro Italia semplicemente perché si sentono parte di un’unica grande comunità e soprattutto perché credono nella missione civile di questa professione. Tutto questo alimenta costantemente la loro sete di conoscenza.
E allora li vedi fare ore e ore di fila per ascoltare Roberto Saviano, Oscar Camps, Enrico Mentana o Inna Shevchenko oppure trovare un piccolo angolo silenzioso per raccontare con una reflex e un microfono la loro esperienza al Festival, magari intervistando alcuni dei protagonisti della scena pubblica.
Il Festival del Giornalismo è a tutti gli effetti uno dei rari momenti di incontro e di discussione partecipata che offre la scena degli eventi italiana. Troppo spesso assistiamo ad iniziative auto referenziali o passerelle politiche che non trasmettono alcun valore o conoscenza ai partecipanti.
Il successo dell’evento ideato da Arianna Ciccone, invece, risiede proprio nel suo essere un luogo aperto di confronto e narrazione, una piazza capace di rinnovarsi ogni anno.
Il Festival secondo Minds
Qualche annotazione necessaria sul nostro Festival:
- Finalmente, dopo una ricerca lunga ed estenuante, siamo riusciti a trovare un buon caffè nel centro storico di Perugia. Non è stato facile, ma siamo stati premiati perché il suddetto bar ci ha sorpreso anche con ottime torte, biscotti e gelati artigianali. Quindi complimenti alla Gelateria Mastro Cianuri.
- Anche quest’anno le file hanno caratterizzato inesorabilmente il nostro Festival, anche se, va detto, siamo riusciti a gestire in maniera più efficiente il programma giornaliero. Abbiamo seguito con grande interesse i panel di Domenico Iannacone, David Parenzo (la maggioranza silenziosa si fa sentire sempre di più!), Enrico Mentana, Lucia Annunziata e Alessandra Sardoni, Ivan Zazzaroni, Federica Masolin, Zero Calcare, Nando Pagnoncelli, Gianfranco Pasquino e tanti altri. Ma non sono mancati, ovviamente, i workshop con Facebook e Google, nonché gli incontri sul data journalism e il foto giornalismo, panel che riescono sempre a darti una grande carica e a farti venire nuove idee.
- Abbiamo deciso di boicottare il minimetrò (SACRILEGIO!) e di percorrere comodamente in macchina il tortuoso tragitto che ci separa da Perugia Cortonese al Centro Storico.
- Ogni anno Perugia ci conquista sempre di più con i suoi palazzi eleganti, i suoi colori delicati, i vicoli nascosti del centro storico e le sue colline accoglienti e silenziose. Ci mancherai Perugia, ma ci rivedremo tra meno di un anno.
- Waiting for #IJF20.
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