La lettura di Marshall McLuhan mi ha insegnato a guardare la mappa e studiarla, ma a non perdere mai di vista il territorio, perché solo nel territorio, e dunque, nella realtà si trovano le prospettive per immaginare come usare la mappa e quali modifiche fare alla mappa per renderla aderente mentre il tempo scorre e ciò che ci sta intorno si modifica.
Proprio nel comprendere le modifiche che subisce il territorio si gioca oggi la partita strategica della comunicazione e della realtà quotidiana che ci ritroviamo a vivere e spesso a subire inconsapevolmente. Purtroppo, non tutti hanno gli strumenti e le connessioni necessarie per interpretare quanto accade. Sembra quasi di assistere a modifiche geomorfologiche del terreno che solo un geologo può interpretare e prevedere. Oggi la comunicazione che sembra tanto alla portata di tutti è invece una scienza complessa, di cui pochi comprendono le potenzialità e i rischi, e di cui ancora meno hanno le chiavi per darne un’interpretazione in prospettiva. Possiamo dire con certezza che la comunicazione è una delle forze più potenti che muta la realtà ogni giorno.
Così, assistiamo a modifiche socio-culturali senza nemmeno accorgercene. Berlusconi arrivò dopo 15 anni di TV commerciale e di format americani, dopo decine di storie raccontate che avevano come protagonista un “Presidente” e non un Parlamento. Il modello leaderistico trova ovviamente il suo punto di massima espressione nella crisi, quando le persone hanno paura, e così dopo la bufera Tangentopoli ecco apparire in ogni schieramento politico il leader: Berlusconi, Prodi, Veltroni, Bossi, Casini, Fini: “leaderismi distribuiti” potremmo dire.
Ma la modifica “culturale” innescata da Tangentopoli è forse più ampia di quella che abbiamo tutti percepito, la Fides intrinseca nella nostra cultura cristiana-cattolica si rompe in quel momento e viene stracciata definitivamente dai leaderini, che generano fazioni e divisioni. Così, il modello DC, il Pentapartito, la Concertazione e tanto altro lasciano spazio ad una disinvolta visione egocentrica della società. Il principio che appartiene ad ogni bambino, di confidare negli altri, nei genitori in primis e nella società poi, viene cancellato sempre più presto, generando di fatto una società del sospetto e della paura. Sembra quasi che maggiori siano le informazioni in nostro possesso e più la paura e il sospetto prendono il sopravvento, anziché dare forza alla consapevolezza e alla corretta lettura della realtà.
Così, mentre le forze di sinistra che hanno sempre confidato nel principio della condivisione delle battaglie e nel poter contare gli uni sugli altri, si ritrovano oggi senza popolo e senza un’idea di come parlare alla società, una forza dirompente come il Movimento 5 Stelle, grazie alla capacità di visione ed interpretazione di uno stratega della comunicazione e di un sapiente conoscitore della società e della persona umana, fa razzia di voti e riesce a gettare le basi di una nuova egemonia culturale. Un sistema che non ammette più il rapporto umano e la fiducia, ma soltanto una continua ed estenuante ricerca del nemico, del sospetto e delle colpe, senza però rinunciare ad una grande mistificazione: ognuno vale uno e trasparenza ad ogni costo.
Elementi traditi spesso pubblicamente, ma incapaci di intaccare la credibilità di questa forza, perché chi parla è il nemico: è colui che ci impoverisce tutti, chi ruba a tutti noi anziché amministrare la cosa pubblica. Per questo motivo il nemico non merita credibilità anche davanti ai fatti, che secondo Travaglio sparivano già nel 2006 e dopo 10 anni sono diventati opinione anche per lo stesso autore del libro, perché oggi tutto è passabile di una lettura personale pur di compiacere la propria parte dell’Arena e di ritagliarsi uno spicchio di tifoseria, possibilmente ultras e fedelissima, in grado di ignorare la realtà pur di assecondare se stessi e il proprio senso di appartenenza e di alterità.
Così, recarsi al seggio, ed esprimere il proprio voto per la maggioranza degli italiani (compresa la crescente percentuale di astenuti) ha più il gusto di un’amara medicina che nessuno vorrebbe prendere, piuttosto, che di un volontario e positivo contributo alla democrazia. Ormai, nessun elettore mediamente informato può dire di esprimere un voto convinto per un candidato, sindaco, parlamentare o rappresentante di classe che sia, perché il primo pensiero è sempre “Chissà perché si candida… Chissà chi c’è dietro… Si candida per il vitalizio…” e nessuno ormai pensa più alle responsabilità che una carica pubblica comporta, soprattutto, in questa società in cui spesso sembra conveniente decidere di non decidere, piuttosto che ritrovarsi in processi e inchieste fumose, generate da qualche osservatore scontento.
In questo clima sempre più sfiduciato e autodistruttivo sia a livello personale che sociale, se non si ricorre ad una buona comunicazione per riportare la parola fiducia al successo, per dimostrare che oggi si può appartenere a qualcosa che va oltre la propria tribù, assisteremo presto alla scomparsa della cosa pubblica, che forse per noi cittadini italiani non è mai esistita, perché sappiamo bene che ciò che è di tutti alla fine non è di nessuno.
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