Oggi in Italia siamo tutti toreri, chi contro il Governo uscente di Giuseppe Conte, chi sulle scelte di Draghi e Mattarella, ognuno vuole mettere la sua banderilla sul toro che hanno liberato nell’arena. Ovviamente, la mia è una citazione della nota canzone di Caparezza, Dalla parte del toro, che rende bene l’idea di quello che si è scatenato in questi giorni nel nostro Paese, soprattutto all’interno di alcuni ambienti della stampa e della comunicazione che hanno sofferto a dismisura il controllo dei media di Casalino e l’impatto mediatico senza bisogno di “intermediari” di Giuseppe Conte, che ha avuto il merito di saper interpretare quel bisogno di istituzioni cui storicamente le persone si aggrappano nei momenti di crisi più gravi o durante le catastrofi naturali.
Tutto si è compiuto, ero sotto tiro
E mi sono scatenato come il toro di De Niro
Preso in giro dal tuo ingegno, respiro sdegno
Mo’ con la muleta fatti il legno
Già che sono un segno di terra ti lascio a terra con un segno:
Non toccare il toro, quando è nero paghi pegno!
Piacere, sono la Comunicazione Istituzionale
Non sono un estimatore dei 5 Stelle, soprattutto per il metodo ancor più che per il merito, così come non sono innamorato di Conte e delle scelte di Casalino. Dunque, lungi da me fare l’apologia dell’operato di entrambi. Alcune cose però vanno dette e sono significative per il Paese: il tanto criticato duo Conte-Casalino si è dovuto confrontare con il periodo più difficile della storia del nostro Paese e dell’intero Pianeta, si sarebbero potute scegliere tante strade diverse da quella intrapresa, si sarebbero potuti commettere meno errori (certamente), ma c’è da dire che dopo molti anni abbiamo visto una mutazione della comunicazione, finalmente positiva, poiché il Primo Ministro ha abbandonato la comunicazione politica per fare comunicazione istituzionale.
Un Premier che non ha ceduto alla tentazione di lanciarsi nella creazione di un partito personale nel momento di massima stima degli italiani, che non ha approfittato della (giusta) sovrapposizione mediatica, per cercare di tenere assieme i cocci di un Paese squassato da decenni di crisi e disorientato dalla violenza con cui il COVID19 ha attaccato il nostro Paese. Si è preso sulle spalle il Paese, prima ancora di tanti altri leader europei e mondiali, ha annunciato le scelte difficili mettendoci la faccia e scegliendo i tempi e le parole corrette.
Ha cercato di fare il buon padre di famiglia e non il leader politico, forse questo ha generato attorno a lui questo sentiment positivo, questa vicinanza quando tutti gli altri dovevano essere tenuti a distanza, la sua empatia e il suo bon ton hanno riportato un pezzo di Paese agli anni ‘80 quando “l’Italia era una ed indivisibile” e i boomer pensavano a costruire futuro, anziché cercare rendite di posizione.
L’unica concessione che ha fatto alla comunicazione politica è stata l’attacco a Salvini in Senato, ma eravamo ancora nel Conte 1. Dopodiché, nella bufera del Coronavirus ha veleggiato parlando a tutti, così come deve fare la Comunicazione Istituzionale, prendendosi le responsabilità, forse in alcuni casi sin troppe, ma certamente non cedendo ad una comunicazione di parte come usava fare proprio Matteo Salvini da Ministro dell’interno.
Proprio perché non ha fatto comunicazione politica e non ha dunque ceduto ai dettami di quest’ultima, il comportamento di Primo Ministro e consigliere ha indispettito i giornalisti che non hanno potuto più “polarizzare” e hanno dovuto allinearsi ad una nuova comunicazione per certi versi meno popolare e di conseguenza redditizia. Per non parlare del fatto che Casalino, e il suo staff, da buon team di comunicazione gestivano e tenevano sotto controllo tutto e tutti, cosa che in tanti cercano di fare e ben pochi ci riescono.
La comunicazione istituzionale non prevede “mediazione” prevede che il messaggio sia chiaro, univoco, adatto a tutti, senza una tonalità di colore politico anche se chi Governa ha una sua connotazione chiara; e questo è impegnativo sia per chi gestisce l’emittente, sia per media, sia per i riceventi.
I Dati non mentono… Mai
Molti in poche ore lo hanno già sentenziato come un binomio “dimenticato dagli italiani”, tanti “giustificano” l’amore verso conte parlando di analfabetismo, sindrome di Stoccolma, complessità della situazione… Insomma, i media non hanno capito che le persone non la pensano proprio così e ne abbiamo un’ottima dimostrazione con il suo ultimo post che ha raggiunto e superato 1,2 milioni di “Mi Piace”, che non sono voti, ma sono apprezzamento. Per non parlare degli altri numeri: interazioni, condivisioni, commenti (tutti i numeri nell’ottimo post di Biagio Simonetta su Mashable Italia).
I numeri di quella pagina e di quel post rendono Giuseppe Conte il vero e unico politico social italiano. Senza un euro di inserzioni, senza comparsate in prima serata, senza una strategia di comunicazione politica, ha raggiunto e conquistato gli italiani. Numeri che Matteo Salvini e il suo team, finora incontrastati imperatori e dominatori dei social italiani possono solo sognare e che non hanno raggiunto nel momento di massimo fulgore del “riconvertito” leader europeista.
Inoltre, finalmente questi dati invertono una tendenza, il politico follower che conquista consenso parlando alla pancia della gente, semplicemente ripetendo quello che vogliono sentirsi dire, viene spodestato dal vero leader che “impone” un’agenda e dei temi poco digeribili ma necessari: il lockdown, le misure restrittive, i problemi della sanità pubblica, la centralità dell’Europa, la necessità dell’Euro. Tutti temi “discutibili” per gli italiani pre-Conte 2, molto meno adesso. E soprattutto, tutti temi che riguardano l’intero Paese e non una parte, tutti temi istituzionali.
Forse non farà più politica, forse cederà alla avances dei 5 Stelle o formerà un suo partito, di certo però ha tracciato un segno riportando al centro la comunicazione istituzionale; tema con cui dovrà fare i conti anche Mario Draghi. Il silenzio in questo momento, così come nei mesi scorsi, non è una soluzione non è comunicazione.
Le persone, quelle che in tanti chiamano “la gente”, hanno paura e hanno bisogno di qualcuno che le parli con sincerità e nettezza, come ha cercato di fare Conte. Per questo spero che Mario Draghi e molti dei suoi ministri si aprano al mondo della comunicazione, non per fare i politici, ma per comunicare istituzionalmente le scelte quotidiane, i loro effetti sulla popolazione, per motivare il Paese, perché i leader devono anche fare questo, poiché il “mood” conta.
Il lavoro paga e puzza per alcuni
Insomma, il lavoro di Conte e Casalino ha pagato e, a mio modesto avviso, pagherà ancora per molto a dispetto di quanti dicono che “il fenomeno avvocato del Popolo” è finito per sempre e sarà cancellato da Mario Draghi. Certo, quando cambi il modello imperante e lavori tecnicamente come dovresti fare diventi scomodo, soprattutto se si può giocare sul tuo passato al Grande Fratello o sul fatto che a prescindere che la si dimostri o meno ognuno che arrivi in quei Palazzi debba cedere alla bramosia di potere.
I nemici non mancano, la cosa triste è che molti dei nemici di Conte, scatenati fino all’inverosimile in queste ultime ore, sono coloro che predicano “tolleranza e accoglienza” coloro che condannavano Salvini per la violenza del suo linguaggio, ma che non fanno mancare colpi di spada e lanza de picar verso Conte, e soprattutto il vero cervello di tutta questa macchinazione Rocco Casalino.
Ho trovato molto triste e deludente persino l’approccio di una persona che stimo come Diego Bianchi, nel voler “sbeffeggiare” a tratti una persona che si è aperta quasi a volersi togliere un peso immane come quello di aver diretto la comunicazione istituzionale del Governo del Paese durante una Pandemia. Chi lo avrebbe sopportato senza esaurire o cadere in depressione? Chi ha pensato per 10 minuti a cosa significava e ha significato pesare quelle parole e fare quelle scelte? Molti meno di quelli che hanno condannato “il banchetto della frutta” e la “televendita davanti Palazzo Chigi” quando anche lì forse c’è stato più rispetto istituzionale che altro.
Gli stereotipi e il cambiamento (inaccettato)
Finito con lo stereotipo dell’avvocato di provincia arrivato al massimo cui poteva aspirare, con il gay che ha sognato di fare televisione per poi ritrovarsi a voler comandare il mondo a bacchetta, ecco l’ultimo atto del bullismo più macho: non puoi essere bella e saper fare politica. Così rispuntano in rete calendari sexy, comparsate TV e interviste di Mara Carfagna.
E invece la Carfagna ha dimostrato di saper fare, di avere coraggio, di avere carattere e una sua indipendenza, saprà fare il ministro per il Mezzogiorno? Forse sì (a mio avviso anche bene, con più impatto mediatico e pratico rispetto al buon Provenzano), se dimostrerà la caparbietà che ha saputo tirare fuori tante volte e la calma serafica con cui si lascia scivolare addosso tutte le accuse di essere “una bella statuina” messa lì conto terzi.
La malignità e la malizia, la supponenza, forse l'invidia, l'aggressività, tutto tranne che il giornalismo. Una vergognosa e livorosa Costamagna, da cacciare dalla Rai.
L'autocontrollo della Carfagna è stato ammirevole. pic.twitter.com/Jl6TsKVFWj— Doluccia 🦋 #credicisempre (@doluccia16) February 14, 2021
Tanti in questi mesi di comunicazione forzatamente online hanno richiamato il decalogo di “Parole Ostili” tanti di questi hanno dimostrato di non comprenderlo, causa analfabetismo funzionale forse, oppure di applicare il consueto metodo italico dei due pesi e due misure, cosa ancora più grave per chi dovrebbe analizzare le cose più tecnicamente che facendo prevalere sentimento e appartenenze. Per non parlare dell’opportunismo di chi in due minuti da pieno sostenitore di Conte è diventato il suo primo critico…
L’Italia merita altro, merita un’altra comunicazione più responsabile, coerente ed istituzionale, come hanno saputo fare in ampia parte Conte e Casalino, così come merita una discussione pubblica meno “fascista” che sappia riconoscere gli errori, accettati da una parte, ammessi dall’altra e che parli responsabilmente a tutti, non con il fine di trarne consenso, ma per informare davanti al momento di immensa difficoltà che tutti stiamo vivendo.