Quando più di 10 anni fa mi sono avvicinato alla comunicazione politica, intesa come contenitore di marketing politico-elettorale e comunicazione istituzionale, ho avuto la fortuna, e anche un po’ il talento, di trovare e contattare un’autorità del settore: un uomo innamorato del ruolo della BUONA comunicazione, istituzionale o politica e che fosse nel dibattito pubblico del Paese. “Il prof.” come chiamo ancora oggi Eugenio Iorio mi ha fatto entrare in un mondo, quello della comunicazione, prima a me sconosciuto, percepito forse ma in cui non avevo mai osato entrare: ho capito che la comunicazione è una scienza, come la matematica, la fisica, la biologia, materie con cui ha tanti punti in comune, ormai evidenti.
La nefasta sovrapposizione tra uomo di Stato e politico in campagna elettorale ha permesso la morte, o meglio l’estinzione, della comunicazione istituzionale pubblica in Italia.
Il suo pregio maggiore però è stato ed è tuttora, la capacità di trasmettere la sua passione per una comunicazione trasparente, leale, informata. Così, quando iniziammo a parlare, a parte consigliarmi decine di libri degni di un percorso di laurea, mi fece capire con le sue azioni come il comunicatore si debba saper trasformare da comunicatore politico, quando deve farlo, a comunicatore istituzionale; in lui vedevo l’impegno e la dedizione necessarie per non miscelare mai la propaganda di una parte politica e il racconto dell’azione di Governo. Ognuno di noi ha una preferenza politica, è nella natura delle cose e non la si può bloccare come fa il direttore Mentana semplicemente non andando a votare; ognuno di noi quando si dedica anima e corpo ad un progetto politico poi (sbagliando) finisce per farne parte, per sentirsi coinvolto; ma tutti questi sentimenti devono restare “fuori dalla porta” quando da politico diventi governante.
Confusione Made in Italy
In Italia da sempre abbiamo avuto una sovrapposizione di queste due figure, ma il politico (rappresentante di una parte, di un interesse, di un’idea, ecc.) non è l’uomo di Governo, colui che con un incarico conferito rappresenta tutti che lo abbiano votato o meno, che ne condividano o meno la visione e il progetto. E la comunicazione istituzionale ha il ruolo di parlare a tutti, di raccontare un’azione che riguarda tutti, nessuno escluso. La comunicazione istituzionale è la comunicazione di un ente superiore che è tale prima dell’arrivo del rappresentante politico e tale resterà (ci si augura) dopo il passaggio al prossimo uomo politico. Certo, è difficile comprenderlo in uno Stato, dove già il concetto di “unità nazionale” è tema dibattuto sia al Nord che al Sud.
Oggi, in un momento storico in cui la comunicazione è centrale in tutti i settori assistiamo alla trasformazione della comunicazione politica in politica della comunicazione. La nefasta sovrapposizione tra uomo di Stato e politico in campagna elettorale ha permesso la morte, o meglio l’estinzione, della comunicazione istituzionale pubblica in Italia. Un dualismo non più sopportabile in cui la campagna elettorale permanente ha divorato l’interesse di tutti, il diritto ad una comunicazione condivisa, che di norma soppesa le parole e le descrizioni per permettere anche alle minoranze di sentirsi parte della scelta di governo. Una comunicazione che, da un certo punto di vista, cerca con delicatezza quasi di far innamorare l’altero dell’azione di Governo. Ma adesso abbiamo saltato la barricata, quello che non riuscì a Berlusconi in parte frenato, consigliato e istituzionalizzato da un uomo come Gianni Letta che normalizzava molti degli eccessi del Cavaliere; è riuscito oggi a Renzi, Di Maio, Salvini in un crescendo letale per la comunicazione istituzionale.
In questo panorama arido e desolante tutto diventa un continuo voto di scambio virtuale, in cui io do alla tua pancia quello che vuole pur di avere il tuo voto domani, anzi facciamo oggi.
Così, il consulente per la comunicazione, il capo della war room o della segreteria politica troppo spesso passano in un batter d’occhio dalla seggiola di una segreteria alla poltrona dell’ufficio comunicazione istituzionale di un ministero, di un comune o di una regione. E visto che in Italia (in Calabria ancor di più) la massima cui tutti si rifanno quando hanno davanti un uomo di potere è: “attacca u ciucciu addu vo’ u patrune” (attacca l’asino dove desidera il padrone), ecco che la comunicazione istituzionale diventa, o meglio continua ad essere, la magna laude del leader politico divenuto governante con le stesse regole, la stessa semiologia e semiotica usata in campagna elettorale.
Non cambia il linguaggio, non cambia il messaggio, cambia (a volte) l’account usato ma facendo un’analisi quella che prima era la comunicazione di un partito, o peggio di un singolo, è diventata la comunicazione di tutti, la comunicazione pubblica. Ma la comunicazione non dovrebbe essere mirata a chi ascolta, a quelli con cui vogliamo dialogare?
Da Istituzione a Media Center, il passo è breve…
Così, visto che il media è mio e lo gestisco io, ecco allora che la Polizia e i Carabinieri raccontano e ci raccontano con il loro punto di vista le operazioni di contrasto alla criminalità, senza alcuna analisi tecnica e sociale sulle ripercussioni delle immagini pubblicate, perché manca il “responsabile della comunicazione pubblica”; per non parlare poi degli errori su account di ministeri e ministri che inneggiano a questa o quella squadra del cuore o ingiustizia sportiva; sindaci e presidenti di regione che assorbono nei loro account personali quelli delle loro istituzioni, miscelando sapientemente aspetti puramente personali, aspetti politici e azioni istituzionali.
E se tutto ciò non bastasse a rendere l’idea di come il livello della comunicazione pubblica sia degenerato, basta guardare un po’ più in basso: quando il comunicatore da “amico” e spesso fonte di ispirazione del politico al Governo, diventa il povero social media manager di un ente, abbandonato nell’Arena dei social tra il pubblico ludibrio per ogni suo errore e l’aggressione delle bestie feroci, aizzate dalla propaganda, che attendono sul conto in banca 780 euro e se ne ritrovano invece solo poche decine. Così, ecco il blastatore mascherato dell’INPS che non sa più cosa rispondere alle persone e dimentica di non essere una persona, bensì un ente pubblico che parla alla propria utenza; il funzionario del ministero che ad ogni email risponde semplicemente inviando il link alle FAQ del bando; il social media manager di un profilo istituzionale che non ha la sensibilità di usare due dispositivi per evitare errori e switchando da una parte all’altra pubblica cose indicibili, come i complimenti al politico di riferimento… con l’account dello stesso e non con quello del fedele follower adulante, creato scrupolosamente per sembrare “un cittadino” di quelli veri.
Un problema futuro
In questo panorama arido e desolante la comunicazione smette quindi di esistere, perché smette di essere scienza e di essere creazione di relazioni, ma tutto diventa un continuo voto di scambio virtuale in cui io do alla tua pancia quello che vuole pur di avere il tuo voto domani, anzi facciamo oggi; del futuro… beh che importa del futuro, quello poi si vedrà, se mai ci sarà un futuro per un Paese così ridotto.