Se dovessimo indicare la figura più rappresentativa dell’era del digital marketing la scelta ricadrebbe piuttosto facilmente sull’influencer. Un termine talmente “influente” da essere entrato anche nel dizionario Treccani che lo descrive come quel “Personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’àmbito delle strategie di comunicazione e di marketing“.
Dal testimonial all’influencer
Negli ultimi dieci anni l’influencer è diventato centrale nei piani marketing di grandi e piccoli brand sostituendo di fatto il testimonial di marca nella sponsorizzazione dei prodotti. Se prima le aziende si affidavano ad attori o cantanti di successo per i loro spot televisivi, adesso investono ingenti quote dei budget pubblicitari anche e soprattutto nei contenuti sponsorizzati su Facebook, Instagram e YouTube, dove possono sfruttare la popolarità e la credibilità social della fashion blogger o dello youtuber che recensisce prodotti tech.
Il calo dell’engagement
La figura dell’influencer, però, si è diffusa così tanto da provocare una probabile saturazione del mercato. Secondo l’ultimo studio condotto da InfluencerDB, infatti, negli ultimi tre anni è diminuito costantemente il tasso di engagement (numero di mi piace, commenti e condivisioni) dei post sponsorizzati degli influencer. Nello specifico nel Q1 2019 il livello di engagement è sceso al 2,4% rispetto al 4% di tre anni fa. La categoria che fa registrare il calo più vistoso è quella dei cosiddetti travel influencer che passano dall’8% al 4.5% in soli dodici mesi.
Il boom dei micro-influencer
La ragione di questo crollo va ricercata, come accennato in precedenza, nella crescita imponente del numero di influencer che ha reso il mercato sempre più frammentato, competitivo e di difficile lettura per le aziende.
A questo proposito c’è un altro trend interessante da monitorare, la cui portata è confermata anche dallo studio di InfluencerDB.
Negli ultimi anni è aumentata la rilevanza dei cosiddetti micro-influencer, ovvero personaggi con un seguito limitato (si va dai 1.000 ai 5000 followers) che sono riusciti però a intercettare un pubblico specifico e ad occupare una nicchia di mercato. Nel loro caso il tasso di engagement è ben più alto rispetto alla media arrivando a sfiorare il 9%.
Non bisogna stupirsi allora se diverse aziende operative nel comparto della moda o della tecnologia abbiano deciso di investire proprio su queste figure, considerata la loro capacità di instaurare un rapporto di fiducia quasi personale con i propri followers e quindi di far crescere il tasso di conversione dei vari post sponsorizzati.